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PECCATO !
di Filippo Viola

Peccato! La commissione Bertagna, che ha l'incarico dalla Ministra Moratti, di elaborare la riforma della scuola aveva fatto una scelta intelligente, eliminando dalla scuola media inferiore la ormai obsoleta "Educazione Tecnica" per trasformarla in "Tecnologia e Informatica". 
La scelta in realta' comprendeva due atti di coraggio:
- il passaggio da una prospettiva minimalista di educazione tecnica a una di piu' ampio respiro di educazione tecnologica;
- il considerare l'informatica nella scuola media una esperienza soprattutto tecnologica. 

Peccato, dicevo: infatti nell'ultima versione - 6 maggio 2003 - delle "Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati nella Scuola Secondaria di primo grado" (Allegato C) tutto questo incredibilmente scompare. Tecnologia e Informatica perdono la propria specificita' e diventano uno spazio disciplinare secondario, ancillare alla educazione scientifica. Vi e' destinato un tempo scuola irrilevante, circa un'ora la settimana contro le 3 ore dell'educazione tecnica, in evidente aperto contrasto con i programmi di governo che assegnano all'informatica nella scuola un ruolo di rilievo.

Speriamo si tratti di una svista, se fosse una scelta definitiva potrebbe essere all'origine di un errore irreparabile, vediamo perche'. 
Se in ambito accademico e professionale sono emerse, come risultato di un lungo processo evolutivo, due pratiche distinte, quella scientifica e quella tecnologica, ci sara' pure una ragione.
La stessa ragione probabilmente e' all’origine della distinzione - in tutti i paesi piu' evoluti del mondo - dei due insegnamenti. 

Si tratta di aree che seppure affini hanno evidenti differenze che affondano le loro radici in parte nella formazione culturale e in parte nelle attitudini dei diversi soggetti che praticano i due campi. 
A voler apparire schematici possiamo dire che l'ambito delle scienze, fatte alcune eccezioni, coincide con le pratiche di analisi e studio delle leggi che regolano il mondo naturale, mentre l'ambito della tecnologia riguarda l'uso di tali leggi per produrre trasformazioni nel mondo (creazione dello spazio dell'artificiale), nonche' lo studio dei sistemi artificiali, soprattutto nelle loro interazioni coi contesti naturali e socioculturali.

Ora, se e' evidente che nelle pratiche effettive scienza e tecnologia sono ormai in stretta interazione, e' altresi' chiaro che gli esperti dei due diversi campi coprono aree problematiche ben diverse. 
Tecnologi sono gli architetti, gli ingegneri, gli urbanisti, etc. Scienziati sono i fisici, i biologi, i naturalisti, i chimici, etc. Per capire meglio in quale di questi due ambiti si collocano gli informatici e l'informatica vale la pena di aprire una riflessione piu' ampia che si rinvia a dopo.

Ora torniamo alla tecnologia in generale: cosa caratterizza l'attivita' dei tecnologi? 

Innanzitutto la progettualita', intesa non soltanto come "planning", ma anche e soprattutto come "design". Il che implica la capacita' di prefigurare qualcosa che prima non c'e' e poi ci dovra' essere; qualcosa che va pensato, disegnato, se occorre "provato". Ai tecnologi e' richiesta la messa a punto di strumenti per valutare la fattibilita', la affidabilita', la manutenibilita', la messa in produzione, la valutazione economica e di impatto sia sui contesti naturali (ambientale) sia sui sistemi culturali (estetico). Un tecnologo usa strumenti di misura, si dota di linguaggi atti a descrivere gli oggetti e i sistemi che prefigura (disegna); in genere produce oggetti, servizi, sistemi che devono essere usati da altri e quindi valuta materiali, affina la sensibilita' estetica ed ergonomica. Oltre a sviluppare una particolare mentalita' deve anche possedere una particolare attitudine al manipolare oggetti concreti - o loro metafore virtuali - e gusto per il disegno.

Altra e' l'attivita' dello scienziato. La sua progettualita' si esprime prevalentemente in termini di "planning" piu' che di "design", finalizza le proprie pratiche all'osservare, allo sperimentare, al classificare piu' che al trasformare; valuta le condizioni di riproducibilita' degli esperimenti piu' che la "producibilita'" degli oggetti; lo scienziato e' portato alla formulazione di teorie, alla manipolazione di simboli piu' che alla manipolazione di oggetti concreti, preferisce i segmenti ai bastoncini, per dirla con Lucio Russo. L'"estetica" dei risultati delle pratiche scientifiche, spesso non e' percepibile al di fuori dalla comunita' degli scienziati stessi. Non c'e' un problema di usabilita' delle teorie scientifiche, piuttosto si pongono problemi di divulgabilita' ed etici. Uno scienziato e' anch'egli, prodotto culturale, ma anche prodotto di un'attitudine personale alla osservazione sistematica del mondo e alla sua rappresentazione simbolica e formale.

Qualunque sia il punto di vista politico/pedagogico, credo che tutti siano d'accordo nel sostenere che la sfida dei sistemi scolastici del futuro si giochi soprattutto sulla capacita' della scuola di proporsi come una avventura intellettuale degna di essere vissuta. Nella secondaria di primo grado, il raggiungimento di questo obiettivo richiede:

  • robuste competenze pedagogico didattiche degli insegnanti
  • ricchezza di competenze disciplinari specifiche, meglio se corroborate da esperienze di pratica della disciplina (perche' lo siano gli studenti e' necessario innanzitutto che gli insegnanti siano delle skilled person, direbbe Howard Gardner);
  • varieta' di offerta didattica che implica soprattutto varieta' di expertise dei docenti in riferimento alla varieta' di attitudini e stili di apprendimento degli allievi;
  • ricchezza dell'ambiente di apprendimento (laboratori scientifici e tecnologici, messa a punto di un supporto di mezzi e di persone che curino gli aspetti psico/pedagogici e la tecnologia educativa).

Una riforma degna di questo nome dovra' curare tutti questi aspetti nei minimi dettagli, non puo' partire trascurandone uno solo. La scelta di mischiare insieme educazione scientifica e tecnologica rischia di costituire un grave passo falso poiche' trascura in modo grave il secondo e il terzo punto. 
Un docente di tecnologia o un docente di scienze non si improvvisano, non si puo' percio' pensare a riconversioni basate su corsi di aggiornamento di qualche decina di ore. Gli allievi particolarmente dotati per il disegno tecnico hanno il diritto ad avere una adeguata offerta di professionalita' e di didattica che valorizzi la loro attitudine.

Veniamo ora all'altra questione: l'informatica. Per affrontarla bene occorre innanzitutto avere chiaro cosa si intende e poi capire dove collocarla.
Nella scuola media inferiore occorre distinguere i diversi livelli in cui entra in gioco e chiarire bene a quale di questi ci si riferisce. Si puo' pensare a tre livelli:

  • sviluppo delle competenze caratteristiche di un medio utente di computer (per dirla con Sherry Turkle); piu' che di informatica in questo caso si dovrebbe parlare di "uso delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione" -TIC-
  • sviluppo delle competenze preliminari di un esperto di informatica come disciplina tecnico/scientifica; al livello della scuola media inferiore questo settore e' coperto dalla conoscenza di primo livello dell'architettura di un sistema di calcolo e delle reti, nonche' dalla teoria e pratica della programmazione, attuata usando dei linguaggi di programmazione adatti alla didattica (in particolare LOGO);
  • tecnologia educativa che concorre ad arricchire il contesto di apprendimento (v. prima), in questo caso non costituisce una disciplina di studio, ma - al pari di una lavagna - un mezzo per apprendere. 

Partiamo dall'ultimo livello: la tecnologia educativa
E' importantissima, ma deve essere chiaro che non e' una disciplina. Va attuata nella prospettiva della ricerca e sviluppo, occorre percio' pensare a potenziare figure professionali che la seguano adottando una logica di sistema (responsabilita' di istituto), non una logica disciplinare. Ma non dovra' trattarsi di persone che hanno anche la responsabilita' di classe, non si possono fare due cose complicate contemporaneamente. 

Un altro livello sono le TIC. Queste entrano in gioco in vario modo: vi possono concorrere molti insegnanti di diverse materie, ma e' opportuno che un ambito disciplinare ne abbia la responsabilita'. Se correttamente affrontate e' evidente che si collocano in ambito tecnologico, soprattutto se si pensa che la scuola dovra' essere capace di creare degli utenti di computer indipendenti dal prodotto. Occorre formare utenti di sistemi operativi, sistemi di scrittura, fogli elettronici, database, strumenti di presentazione in generale, non utenti di un particolare prodotto commerciale. 

Un tecnologo puo' avere quella padronanza d'uso delle risorse informatiche che permettono di attuare l'obiettivo di far emergere utenti indipendenti, capaci di valutare le diverse proposte commerciali, software libero incluso. Giusta era stata allora la scelta dei primi documenti della riforma che collocavano le TIC nella Tecnologia e Informatica.

Il secondo livello quello in cui l'informatica entra come disciplina tecnico/scientifica e' il piu' complicato da collocare. Qui la questione e' se l'informatica sia una disciplina tecnica o scientifica. In termini generali, direi che si colloca in mezzo. Solo che la parte piu' scientifica, quella che evidenzia l'apparentamento con la matematica e' la parte che tipicamente si sviluppa alle superiori ma soprattutto nelle universita' (teorie dei linguaggi formali, calcolabilita', etc.). A livello della scuola media e' evidente come l'informatica diventi soprattutto una ineguagliabile esperienza tecnologica. 

Per essere espliciti: il processo di sviluppo di un programma anche piccolo, permette ad esempio di svolgere una esperienza tecnologica quasi completa. Si fa un progetto, meglio se di gruppo, per farlo si usa un linguaggio di progetto (diagrammi di flusso, diagrammi di struttura, grafi, ecc.), si puo' fare un prototipo, si puo' valutare l'impatto estetico dell'interfaccia e la sua usabilita', si possono prevedere strategie per facilitare la manutenzione futura del programma, si e' costretti a capire che c'e' una fase di collaudo e soprattutto che bisogna mettere a punto metodi per la ricerca degli errori. La cosa interessante di quest'ultima attivita' e' che consente di sviluppare quelle competenza diagnostica tipicamente usata dai tecnici e dai tecnologi nella ricerca dei guasti. 

Anche in questo caso ottima era stata la scelta iniziale della commissione. Una scelta che peraltro non escludeva che una parte dell'informatica potesse entrare nell'ambito delle scienze o della matematica. Ma poteva entrarvi, come peraltro gia' accade da tempo, come tecnologia educativa ("Cabri' Geometre" o la "Tartaruga" sono straordinari ambiente per imparare la geometria) o come uso operativo delle TIC (sistemi di scrittura per fare rapporti scritti, fogli elettronici per automatizzare calcoli, etc).

E' evidente che essendo l'informatica (intesa come tecnologia educativa o come TIC ) strumentale puo' accadere che concorra alle altre discipline e che si apprenda usandola come supporto alle altre discipline. Questo non significa pero' che non debba avere anche una propria collocazione disciplinare autonoma. Anzi. 

Se per questo anche l'italiano fa inevitabilmente parte del curricolo di tutte le discipline e tutte le discipline concorrono all'arricchimento del bagaglio lessicale e degli stili di scrittura, ma c'e' qualcuno che si sogna di cancellare l'italiano?

La chiarezza del ragionamento implicito nelle scelte dei documenti precedenti e la debolezza della piu' recente decisione lasciano davvero sperare che si sia proprio trattato di una svista. Aspettiamo con speranza una risposta.

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